La congruità agli studi non mette più al riparo da accertamenti analitico induttivi.
Premessa – Con il varo della Manovra estiva gli uffici potranno effettuare accertamenti analitico induttivi anche nei confronti di soggetti congrui disattendendo le risultante degli studi di settore. Secondo la norma attualmente in vigore un comportamento di questo tipo è possibile solo se vengono evidenziate le ragioni che hanno indotto l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore. Con l’entrata in vigore della manovra correttiva tale ragioni non sono più previste e l’unico scudo che resta al contribuente è la franchigia da accertamento induttivo (scostamento tra ricavi dichiarati e ricavi accertati non superiore al 40% e comunque non superiore a € 50.000,00).
La norma in vigore – Secondo le disposizioni in vigore (art. 10 comma 4 – bis L. 146/1998) in caso di accertamento analitico nei confronti di un soggetto congruo agli studi di settore, “nella motivazione dell’atto devono essere evidenziate le ragioni che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente”.
Modifica manovra estiva – Con la manovra estiva tale periodo è stato eliminato, quindi non dovendo dare esplicita motivazione delle cause e circostanze che hanno indotto gli uffici a disattendere le risultanze dello studio di settore sarà più facile per questi ultimi attivare rettifiche ai redditi d’impresa o di lavoro autonomo dichiarati dai contribuenti.
Franchigia – A mettere al riparo il contribuente rimane solamente la franchigia prevista dal periodo precedente dell’art. 10 comma 4 – bis L. 146/1998 secondo il quale “Le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all’articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all’articolo 10-bis, comma 2, della presente legge, qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati.”
In sostanza l’art. 10, comma 4-bis, Legge n. 146/1998, prevede, che i contribuenti risultati congrui (anche per adeguamento) ai ricavi stimati da Gerico, tenendo conto anche degli indicatori di normalità economica, sono posti al riparo da ulteriori accertamenti analitico induttivi qualora l’ammontare delle attività non dichiarate siano pari o inferiori al 40% dei ricavi/compensi dichiarati e contemporaneamente siano pari o inferiori a € 50.000.
Dati veritieri –Perché operi la franchigia oltre ai presupposti di natura quantitativa e alla limitazione della protezione alla sola tipologia di accertamento analitico-induttivo, il Legislatore impone quale condizione irrinunciabile che la congruità e la coerenza richieste siano veritiere, ossia, che il contribuente non debba essere sanzionato per omessa o infedele comunicazione dei dati rilevanti per gli studi di settore. In pratica, occorre che i dati siano stati debitamente trasmessi e che siano rappresentativi della realtà dell’attività economica che presenta la congruità e coerenza.
(fonte: Fiscal Focus)