La Corte di Cassazione, con la Sentenza 12 settembre 2014, n. 19270 ha rimesso al centro dell’attenzione un’importante questione relativa all’applicabilità dei nuovi limiti in tema di espropriazione immobiliare introdotti con il Decreto del Fare (Legge 9 agosto 2013, n. 98) anche alle procedure già in corso alla data di entrata in vigore dello stesso.
Secondo le nuove previsioni (nuovo articolo 76, comma 1 del D.P.R. 602/73), ferma la facoltà di intervento ai sensi del codice di procedura civile, l’agente della riscossione:
L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto.
Appare immediato comprendere, dalla lettura della norma, come questa nuova disposizione non introduca un’ipotesi di impignorabilità dell’abitazione principale, ma semplicemente disciplini l’azione dell’Agente della riscossione, che, comunque, può intervenire nel processo esecutivo immobiliare che altri creditori del debitore abbiano intrapreso.
Ebbene, secondo la Corte di Cassazione, proprio in virtù del fatto che la norma non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta, ma si limita a disciplinare il processo esecutivo esattoriale immobiliare, può essere affermato che la nuova previsione possa essere applicata non solo ai processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore ma anche ai singoli atti, ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore.
Le nuove previsioni trovano quindi immediatamente applicazione, ragion per cui, nel caso in cui sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto del Fare), l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale ivi abbia la propria residenza anagrafica.
(Fonte: Fiscal Focus)
I dubbi
Il problema relativo all’entrata in vigore delle nuove disposizioni non è nuovo e, nel tempo, diverse sono state le soluzioni prospettate.
Merita infatti di essere ricordato come, in un primo tempo, Equitalia avesse aderito all’interpretazione secondo la quale, effettivamente, le nuove disposizioni dovevano essere applicate anche ai pignoramenti già in corso. Per questo erano state sospese le azioni esecutive, in attesa degli opportuni chiarimenti.
Poco tempo dopo, esattamente il 7 maggio, c’è stato però un deciso dietrofront: le Finanze, in risposta ad un’interrogazione parlamentare avevano infatti chiarito che le nuove norme erano applicabili solo dal 22 giugno 2013, ragion per cui rimanevano soggetti alle precedenti disposizioni i pignoramenti precedenti.
La sentenza in commento rappresenta quindi una sorta di ritorno al passato, che conferma la prima interpretazione dell’Agente della riscossione.
Merita inoltre di essere chiarito che non è ancora chiaro se quanto stabilito con la sentenza 19270/2014 possa essere esteso anche alle altre limitazioni introdotte con il Decreto del Fare in tema di pignoramenti immobiliari.
Si pensi, a tal proposito, alla previsione secondo la quale non si può dar corso all’espropriazione dell’immobile diverso dall’abitazione principale se il debito non supera i centoventimila euro.
Anche, in questo caso, infatti, Equitalia può comunque intervenire nelle procedure promosse da terzi, ragion per cui si può ritenere che la retroattività possa essere estesa ai casi in oggetto.