Una recente sentenza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 916/2016) ci ricorda il principio per il quale in tema di accertamento sintetico del reddito, ai sensi dell’articolo 38, comma 6, del d.P.R. 600/73, “è il contribuente a dover fornirne la prova con documentazione idonea a dimostrare l’entità e la permanenza nel tempo del possesso del relativo reddito”.
L’articolo 38 del d.P.R. n. 600/73 disciplina il metodo di accertamento sintetico del reddito e prevede, da un lato (comma 4), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti, indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessaria per il loro utilizzo e mantenimento, dall’altro (comma 5), contempla le spese per incrementi patrimoniali, cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente.
Resta salva, in ogni caso, ai sensi del comma 2 dell’articolo 38, la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).
Si fa notare come nell’ambito dell’accertamento sintetico la prova contraria che hanno consentito l’incremento patrimoniale deve essere documentale e la motivazione della pronuncia giurisdizionale deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al relativo contenuto (cfr. Cass. n. 24597/ 2010; Cass. 6397/2014).
Il caso tipico è la donazione da parte di familiari; tuttavia tale “donazione” deve essere sempre documentata.
(Fonte: ecnews.it)