Dai giudici chiarezza sulle testate online, non soggette alla legge sulla stampa.
Con la sentenza n. 23230, la terza sezione penale della Corte di cassazione ha escluso la possibilità di applicare il reato di stampa clandestina a un sito internet di informazione.
La Corte ha così ribaltato l’impostazione dei giudici di primo e secondo grado che, in base alle disposizioni previste per gli stampati, avevano condannato il curatore di un periodico diffuso in via telematica, in quanto non registrato presso la cancelleria del tribunale e privo delle relative indicazioni obbligatorie.
La sentenza è importante perché da una parte conferma un indirizzo e dall’altra apre scenari di più ampio respiro in tema di libertà di espressione. Sotto il primo profilo, sembra di assistere a quella che potremmo definire «la banalità del bene». La Corte, infatti, con una pronuncia sintetica e invero limpida, ribadisce una condivisibile ovvietà: l’informazione in rete è “cosa diversa” rispetto alla stampa e dunque, in base al divieto di analogia delle disposizioni incriminatrici, boccia l’estensione ai periodici diffusi sul web dell’articolo 16 della legge stampa sulle pubblicazioni clandestine.
Sul punto la decisione ricalca un filone che si va progressivamente ampliando. Si tratta delle sentenze che hanno negato l’applicabilità all’informazione on-line dell’articolo 57 Codice penale che punisce l’omesso controllo del direttore, o di varie disposizioni della legge stampa, come l’aggravante per la diffamazione commessa col mezzo della stampa e l’attribuzione di un fatto determinato (articolo 13), o ancora la sanzione pecuniaria “aggiuntiva” per il colpevole sempre di diffamazione (articolo 12), o infine l’automatica responsabilità civile da reato per proprietario ed editore (articolo 11). Con questa sentenza, dunque, si pone un nuovo tassello in quel mosaico che si va componendo in modo sempre più preciso e da cui emerge ormai un’indicazione inequivoca: proprio per la eterogeneità fra la stampa e l’informazione telematica il particolare armamentario sanzionatorio previsto per la prima non può essere mutuato per la seconda.
Resta un dubbio: per un curioso episodio di sincronicità la legge n. 103 del 16 luglio scorso contiene una stravagante disposizione che vorrebbe prevedere “semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni”. Essa esenta dagli obblighi di registrazione le testate on-line con ricavi annui inferiori a centomila euro che non abbiano fatto richiesta di provvidenze. Ciò significa che, implicitamente, la nuova norma introduce al contrario un obbligo in tal senso per tutti coloro che hanno ricavi superiori? E di conseguenza, qualche giudice potrebbe sostenere di nuovo che almeno queste ultime testate web, se non registrate, commettano il reato di stampa clandestina? Anche se leggi come queste non contribuiscono esattamente alla certezza del diritto, la risposta sembra essere negativa per entrambi i quesiti. Vige, infatti, una regola generale, prevista in una legge del 2003, ribadita dalla Cassazione e mai abrogata, che esclude tutte le testate telematiche dall’obbligo di registrazione e che rende tale adempimento necessario solo per chi voglia usufruire dei contributi per l’editoria. Il legislatore del 2012 si industria meritoriamente per ridurre gli incombenti burocratici per i giornali on-line con ricavi più modesti, ma nei fatti riesce solo a “spacciare” come nuova una norma che già esiste nell’ordinamento, per tutti e non solo per i più piccoli. E tale regola, di cui la Cassazione ha fatto buon uso, pare la più consona alle caratteristiche e alla logica della rete.
(Fonte: Il Sole 24 Ore)