Se gli enti non commerciali intendono effettuare acquisti intra-UE di beni o di servizi devono, in alcuni casi, ottenere un’apposita autorizzazione.
Ove un ente non commerciale titolare di partita IVA intenda acquistare o cedere beni, da o nei confronti di operatori UE e/o acquistare o fornire servizi intracomunitari, e ferme restando le eventuali esimenti previste per i soggetti già in attività, lo stesso deve preventivamente ottenere l’autorizzazione dell’Agenzia delle Entrate, dichiarando la volontà di porre in essere operazioni intracomunitarie mediante apposita istanza da presentare direttamente a un qualunque Ufficio dell’Agenzia.
Gli enti non commerciali che svolgono attività istituzionale e non sono soggetti passivi IVA, laddove richiedano l’attribuzione del numero di partita IVA al solo fine del pagamento in Italia dell’IVA sugli acquisti intracomunitari (per acquisti di beni superiori a 10.000 euro, oppure a seguito di opzione per l’IVA nazionale), manifestano, invece, la volontà di effettuare tali operazioni barrando la casella C del quadro A del mod. AA7. L’attribuzione del numero di partita IVA non comporta, tuttavia, che tali soggetti assumano la qualifica di soggetti passivi d’imposta.
Andando, in particolare, ad analizzare la disciplina concernente gli enti non commerciali che svolgono attività istituzionale, non muniti di partita IVA, occorre distinguere fra acquisti di beni e acquisti di servizi.
Riguardo agli acquisti di beni dalla UE, non è necessaria alcuna autorizzazione se questi non superano nell’anno solare precedente l’importo di 10.000 euro e fino a quando tale limite non viene oltrepassato. Infatti, gli acquisti con queste caratteristiche non si considerano acquisti intracomunitari ai fini IVA (articolo 38, comma 5, del DL n. 331 del 1993). In quest’ultima ipotesi, la relativa imposta è dovuta, infatti, nel Paese UE di origine dei beni (salvo, come già detto, che l’ente eserciti l’opzione per l’applicazione dell’IVA in Italia prevista dal comma 6 del predetto articolo 38). Nel calcolo per la determinazione del menzionato limite annuale di 10.000 euro occorre tener conto anche degli acquisti effettuati in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, mentre sono esclusi quelli relativi a mezzi di trasporto nuovi e a prodotti soggetti ad accisa (l’IVA relativa agli acquisti di tali ultimi beni deve essere assolta unitamente all’accisa), per i quali l’imposta è sempre dovuta.
Al fine di consentire all’Amministrazione finanziaria di monitorare il rispetto del suddetto limite di 10.000 euro, gli enti non commerciali che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA sono tenuti, prima di effettuare ciascun acquisto intracomunitario di beni, a presentare all’Ufficio delle Entrate territorialmente competente unadichiarazione redatta in duplice esemplare su apposito modello (INTRA 13), indicando l’ammontare imponibile dell’acquisto espresso in euro, nonché l’importo complessivo (cumulato) degli acquisti intracomunitari effettuati nell’anno in corso. Se durante l’anno viene superato il citato limite di 10.000 euro o, comunque, viene esercitata l’opzione per l’applicazione dell’imposta, gli enti non commerciali devono preventivamente chiedere l’attribuzione del numero di partita IVA (mod. AA7) evidenziando la volontà di effettuare acquisti intracomunitari (barrando la casella C del quadro A).
Quanto, invece, agli acquisti di servizi dalla UE, non è necessaria alcuna autorizzazione laddove l’ente non commerciale effettui o intenda effettuare, nell’ambito della propria attività istituzionale, esclusivamente acquisti di servizi Intra-UE e ciò a prescindere dal loro importo complessivo annuale.
Non occorre neanche presentare il modello INTRA 13, il quale è riferito esclusivamente ad acquisti di beni.
In relazione agli acquisti intracomunitari di beni, nonché di servizi, gli enti non commerciali sono tenuti a versare cumulativamente, entro ciascun mese, l’imposta relativa a tutti gli acquisti intracomunitari registrati nel mese precedente, nonché, entro lo stesso termine, a inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione (INTRA 12), contenente le seguenti informazioni:
– ammontare degli acquisti registrati nel mese oggetto di dichiarazione, al netto dell’imposta;
– importo relativo all’IVA dovuta;
– estremi del versamento effettuato dal dichiarante.
L’obbligo in questione si ha, tuttavia, solo se l’ente non commerciale è dotato di partita IVA e limitatamente agli acquisti di beni o servizi effettuati nell’ambito dell’attività istituzionale e non anche dell’attività commerciale.
Una volta pervenuta la richiesta di autorizzazione, l’Agenzia delle Entrate verifica che i dati forniti siano completi ed esatti, ed effettua una valutazione preliminare degli stessi nonché del rischio. In caso di esito negativo, emette, entro trenta giorni dalla ricezione di tale richiesta di autorizzazione, un apposito provvedimento di diniego(articolo 27, comma 1, lettera b), che aggiunge il comma 7-bis all’articolo 35 del DPR n. 633/1972). In assenza di tale provvedimento, entro il predetto termine di 30 giorni, scatterà implicitamente, invece, l’autorizzazione (silenzio-assenso). Dunque, soltanto a partire dal 31° giorno dalla ricezione della dichiarazione di volontà a porre in essere operazioni intracomunitarie, la partita IVA dei soggetti in questione sarà inserita nella banca dati VIES (archivio dei soggetti autorizzati alle operazioni intracomunitarie). Fino a quel momento, gli stessi, essendo sospesa la soggettività attiva e passiva relativa alle operazioni intracomunitarie, non potranno effettuare scambi intracomunitari, ma solo operazioni interne.
Resta fermo che l’Agenzia delle Entrate potrà effettuare, entro sei mesi dalla ricezione della dichiarazione di volontà, controlli più approfonditi, che potranno comportare un provvedimento di revoca, contro il quale è possibile presentare ricorso in C.T. Provinciale entro 60 giorni.
(FONTE: EUTEKNE.INFO)