Come già anticipato in precedenza, dal 1° gennaio, per la generalità delle rettifiche degli uffici, vale la nuova tipologia di atti c.d. “impoesattivi”.
Accertamento esecutivo
L’accertamento esecutivo ex art. 29 D.L. 78/2010 (L. 122/2010), ovvero la nuova procedura di riscossione che accorpa l’avviso e la cartella, ha cominciato ad essere operativa, a partire dal 1° ottobre 2011, per alcuni tributi (imposte sui redditi, IVA ed IRAP) e con specifiche decorrenze. Nella specie, la nuova tipologia di atti doveva riguardare le rettifiche relative ai periodi di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, mentre dal 1° gennaio 2011, essi rappresentano la regola per le rettifiche in materia di imposte sui redditi e Iva.
Atti “impoesattivi”
Peculiarità dell’avviso di accertamento esecutivo è quella di assolvere sia la funzione impositiva, sia quella esattiva. Da qui, la definizione di atto “impoesattivo”. Ma in che modo si esplica questa doppia funzione?
Niente cartella esattoriale
Innanzitutto, per i nuovi atti di accertamento è scomparsa l’emissione della relativa cartella di pagamento. Infatti, l’atto acquisisce la valenza di titolo esecutivo, decorsi inutilmente i termini per proporre ricorso (60 giorni dalla notifica, salvo i casi di sospensione del termine) e contiene l’esplicita intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento degli importi indicati, entro il medesimo termine. Trascorsi ulteriori 30 giorni, le somme vengono affidate all’Agente della riscossione anche per l’esecuzione forzata; agente che incasserà un aggio del 9%, per il solo fatto di aver ricevuto gli atti in carico (il che appare quanto meno discutibile). In caso di ritardato pagamento, poi, l’aggio è calcolato anche sugli ulteriori interessi giornalieri e su quelli di mora. Pertanto, più il contribuente ritarda il pagamento, maggiore sarà l’aggio che il concessionario incasserà.
Vizio di notifica
Nel caso di impugnazione dell’avviso esecutivo, l’Ufficio provvede a iscrivere a ruolo provvisorio un importo pari a un terzo (non più ½) delle maggiori imposte accertate. A questo punto, il suggerimento è quello di valutare attentamente la regolarità della notifica dell’atto “impoesattivo”. Il motivo è presto detto. Si ritiene, infatti, che il vizio di notifica non può essere sanato dalla presentazione del ricorso. Invero, il procedimento di notificazione non ha solamente la finalità di far conoscere l’atto, ma anche di attribuirgli il carattere dell’esecutività. Ne consegue che l’atto non ben notificato è anche giuridicamente inesistente e, quindi, insanabile. Al ché il ricorso diventa lo strumento più diretto per far valere questa giuridica inesistenza, che l’Amministrazione finanziaria può tentare di sanare solamente mediante la ripetizione della notifica.
Sospensione automatica
Giova, altresì, precisare che, in caso di omesso pagamento, l’esecuzione è in ogni caso sospesa di diritto per 180 giorni, decorrenti dall’affidamento degli atti in carico agli agenti della riscossione. Tale importante beneficio è stato previsto dal decreto “Sviluppo” (D.L. 70/2011) che ha così attenuato il principio del “solve et repete” (“paga e poi chiedi il rimborso”), per cui i debiti verso la PA devono essere pagati anche prima di essere accertati.
Regime previgente
Restano esclusi dal nuovo metodo di riscossione dei tributi, quindi seguono il regime previgente, gli avvisi di accertamento relativi: