Il D.L. Liberalizzazioni introduce la rivalsa Iva nel caso di accertamento o rettifica da parte dell’Agenzia delle Entrate.
La disposizione. L’art. 93 del D.L. 1/2012 sulle “Liberalizzazioni”, entrato in vigore oramai da qualche giorno, prevede il “diritto” (e non l’obbligo, quindi) per il contribuente di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente (acquirente) potrà esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione.
Vecchio regime, addio. La nuova disposizione normativa è intervenuta a sostituire il comma 7, dell’art. 60 del D.P.R. n.633/1972, il quale, in buona sostanza, escludeva che l’imposta dovuta sulla base di accertamenti e rettifiche da parte dell’Ufficio finanziario potesse essere oggetto di rivalsa nei confronti del cessionario-committente. Dal che l’Iva dovuta finiva con il rappresentare un costo per il cedente-prestatore (venditore), da assumere unitamente alle sanzioni e agli interessi. D’ora in avanti, invece, nei medesimi casi (accertamento o rettifica), il fornitore avrà, se lo desidera, la possibilità di rivalersi dell’imposta reclamata dal Fisco nei confronti cliente, a condizione, però, che provveda al pagamento, oltre che dell’imposta, delle sanzioni e degli interessi.
Detrazione Iva addebitata. Dal canto suo, il cliente, a seguito della rivalsa messa in atto dal fornitore, maturerà il diritto di detrazione dell’Iva addebitata entro il termine della dichiarazione del secondo anno successivo a quello in cui l’addebito viene eseguito. Ne discende che l’imposta non rappresenterà più un costo né per il fornitore né per il cliente, incentivando, così la definizione delle controversie. Infatti, sarà possibile valutare con maggiore serenità l’acquiescenza all’accertamento, mediante pagamento della sanzione in misura ridotta, addebitando la maggiore Iva, dal momento che essa non diventerà un costo, né per il fornitore, né per il cliente.
Quando si può esercitare il diritto? Il tenore letterale dell’art. 93 del D.L. “Liberalizzazioni”, fa desumere che diritto di rivalsa e di detrazione sia esercitabile non soltanto nel caso di una maggiore Iva accertata, ma anche nelle ipotesi in cui, già in origine, l’imposta non sia stata addebitata, – essendo stata ritenuta l’operazione esente o non imponibile, ovvero non assoggettata a Iva, poiché tassata con imposte alternative – e ritenuta, poi, in sede di accertamento, soggetta a Iva.
Si segnala, inoltre, che la norma non richiede la definitività dell’accertamento o della rettifica. Di conseguenza, il cedente-prestatore potrà avvalersi della rivalsa anche in relazione agli importi dovuti a seguito di una sentenza di primo grado nella quale è risultato soccombente (in tale ipotesi, sono iscritti a ruolo imposta, sanzioni ed interessi). Infine, è dato presumere che l’art. 93 del D.L. 1/2012 potrebbe trovare applicazione anche con riferimento ai giudizi in corso, sia in ragione della sua natura procedurale, sia in quanto esso abroga una norma di dubbia compatibilità comunitaria. In ogni caso, per maggiori delucidazioni di natura operativa, non resta che attendere gli opportuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate.
(Fonte: Fiscal Focus)