In materia di fotovoltaico l’introduzione in rete dell’energia prodotta e non autoconsumata da parte di persone fisiche e enti non commerciali, con impianti non superiori a 20 kw utilizzati per alimentare la propria abitazione o la sede dell’organizzazione, non dà luogo a un’attività commerciale svolta abitualmente, dal momento che l’impianto è destinato prevalentemente a scopi “personali”.
La tariffa erogata, pertanto, non è imponibile ai fini Iva, mentre sul fronte delle imposte dirette va considerata come un reddito diverso.
Differente è il caso di immissione in rete di energia prodotta da persone fisiche o enti non commerciali tramite impianti di potenza fino a 20 kw non asserviti all’abitazione o alla sede ovvero di potenza superiore a 20 kw, oppure prodotta da chi svolge attività commerciale o lavoro autonomo. In tutti questi casi, si configura lo svolgimento di una vera e propria attività commerciale: la tariffa pagata dal Gse è imponibile ai fini Iva e costituisce un ricavo che concorre alla determinazione del reddito d’impresa.
Redditi derivanti da impianti fotovoltaici
Dal 1° gennaio 2009, l’Aeeg ha modificato le modalità e le condizioni tecnico-economiche che regolano il Servizio di scambio sul posto (Ssp) per la produzione di energia da impianti fotovoltaici. In particolare, tale sistema consente al produttore-utente di immagazzinare virtualmente l’energia autoprodotta e di consumarla in periodi successivi secondo la propria necessità.
Ne consegue, quindi, che l’energia non viene utilizzata nel momento in cui viene prodotta, ma ne viene differito il consumo a un momento successivo, non preventivamente stabilito. In pratica, il Ssp prevede che l’utente conferisca tutta l’energia prodotta al sistema elettrico gestito da Gse che, a sua volta, venderà sul mercato l’energia così ricevuta. Nel frattempo, l’utente (quantunque produttore) acquista l’energia necessaria dall’impresa fornitrice, pagando il relativo corrispettivo.
Quindi, Gse eroga all’utente-produttore un contributo in conto scambio (che assume natura di corrispettivo) al fine di rimborsarlo del costo sostenuto per l’acquisto dell’energia che, in effetti, non avrebbe dovuto pagare nei limiti della quantità di energia autoprodotta.
Il contributo viene determinato assumendo il valore minore tra l’energia ceduta e quella prelevata, al netto dell’Iva pagata su quest’ultima.
A decorrere dall’anno 2010, è consentito, inoltre, nell’ambito dello scambio sul posto, che l’energia elettrica prodotta possa essere remunerata a condizioni economiche di mercato per la parte immessa in rete e nei limiti del valore eccedente il costo sostenuto per il consumo dell’energia; pertanto, tale remunerazione è ulteriore rispetto al corrispettivo riconosciuto in applicazione del predetto contributo per lo scambio sul posto. Infatti, l’Aeeg, con delibera 9 dicembre 2009 n. 186 ha stabilito che nel caso di opzione per la remunerazione delle eccedenze riversate, prevista dalla legge 99/2009, l’importo corrisposto non è parte integrante del contributo in conto scambio.
Vediamo di spiegare meglio. Innanzitutto il servizio di scambio sul posto dal 2009 è regolato economicamente dal GSE, il Gestore dei Servizi Energetici (non più dall’Enel o dagli altri distributori locali) ed è un contributo finalizzato alla valorizzazione dell’energia in eccesso immessa nella rete.
In particolare il GSE riconosce un contributo in conto scambio a favore dell’utente rimborsando i costi sostenuti per il prelievo di energia elettrica dalla rete. In sostanza, l’utente paga la bolletta all’Enel (o ad altro distributore locale) e poi riceve un rimborso dal Gse, attraverso acconti trimestrali e conguagli annuali.
Questo contributo si basa su tre elementi: il debito/credito di energia elettrica scambiata con la rete, il valore in Euro dell’energia elettrica immessa in rete e il costo dell’energia prelevata dalla rete.
Semplificando, ed è questa la novità principale del Conto Energia 2010, il detentore dell’impianto riceve un contributo in conto scambio (sottoforma di rimborso economico dell’energia prelevata o immessa in rete), e poi può scegliere, nel caso in cui immette più di quanto preleva, tra la gestione “a credito” (per gli anni successivi) e la liquidazione monetaria delle eccedenze immesse in rete (che si configura come una “vendita”).
Lo scambio sul posto si configura come un contratto di compravendita di energia in cui il contributo in conto scambio erogato dal Gse rappresenta il corrispettivo della vendita di energia alla rete.
Per i soggetti titolari di attività commerciali o lavoratori autonomi (compresi gli imprenditori agricoli), soggetti quindi dotati di partita iva, il corrispettivo della cessione in rete dell’energia non auto-consumata rappresenta sempre un componente positivo di reddito d’impresa ed è quindi sempre soggetto all’emissione di fattura e pagamento dell’ IVA. Nel caso in cui la cessione avviene nei confronti del gse (nei casi quindi di ritiro dedicato o scambio sul posto) l’aliquota Iva è del 10%.
Un caso diverso riguarda invece le persone fisiche e gli enti non commerciali, non dotati quindi di partita IVA.
Un privato (o un ente non commerciale) può installare un impianto fotovoltaico di potenza non superiore a 20 kw per far fronte ai bisogni energetici domestici quando l’impianto è posto direttamente al servizio della abitazione. Può optare per il servizio di scambio sul posto che consiste appunto nell’operare una compensazione tra l’energia elettrica prodotta con i propri pannelli fotovoltaici e l’energia elettrica prelevata per le proprie esigenze familiari.
Ove la produzione di energia immessa in rete risulti superiore, la differenza è riportata a credito negli anni successivi. Il privato riceve anche il contributo per aver realizzato l’impianto e cioè la tariffa incentivante. Entrambe le somme riscosse sono irrilevanti fiscalmente.
Il privato può però anche non optare per il servizio di scambio sul posto e cedere l’energia al Gse. In questo caso i proventi derivanti dalla vendita dell’energia eccedente quella consumata rilevano fiscalmente come redditi diversi e cioè come attività commerciale occasionale.
Ne discende quindi che ipotizzando il caso di un soggetto che utilizza, per il proprio bisogno familiare, l’energia che autoproduce mediante un impianto fotovoltaico non superiore a 20 Kw (collocato sul tetto dell’abitazione e su un’area di pertinenza della stessa) secondo il sistema dello scambio sul posto e, quindi, non intende sfruttare tale impianto al fine di porre in essere un’attività commerciale abituale e, avvalendosi della possibilità introdotta dalla legge 99/2009, ha manifestato l’opzione per la remunerazione, a condizioni economiche di mercato, per l’energia immessa in rete nei limite del valore eccedente il costo sostenuto per il suo consumo di energia (nell’anno 2010, il soggetto ha percepito un compenso di 2.500 euro da Gse), l’arricchimento derivante dalla predetta opzione rappresenta un reddito che acquisisce, comunque, rilevanza fiscale qualificandosi come “reddito diverso” che va dichiarato nel Modello Unico PF (nel modello Unico 2011, compilando il Quadro RL, Sezione II-A “Redditi diversi”, rigo RL14 -«corrispettivi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente»).
Resta inteso che se invece il privato installa un impianto di potenza superiore a di energia che realizza una attività 20 kw oppure l’impianto non è collocato al servizio della abitazione dovrà considerare ceduta l’energia immessa in rete.
Tale operazione realizza una attività commerciale rilevante ai fini dell’Iva e delle imposte dirette e quindi il titolare dell’impianto deve aprire la partita Iva con tutti gli adempimenti conseguenti. La tariffa incentivante non è rilevante ai fini Iva ma è rilevante ai fini delle imposte dirette.
(fonte: La lente sul fisco)