Riprendiamo il tema delle spese per ristoranti e alberghi per inquadrarne il trattamento fiscale sia ai fini IVA che delle Imposte Dirette.
L’Iva risultante dalle fatture di acquisto legate a prestazioni alberghiere e di somministrazioni di alimenti e bevande è interamente detraibile, sia per il professionista che per l’impresa a condizione che i costi siano:
La detrazione non è pertanto ammissibile se la spesa è documentata mediante scontrino o ricevuta fiscale: in tal caso, come chiarito dalla circolare 23/E/2010, l’imprenditore e il professionista possono dedurre dal reddito– come elemento aggiuntivo del costo sostenuto per l’acquisto delle prestazioni medesime – l’Iva non detratta, sempreché la stessa presenti la natura di “costo inerente”.
Nelle ipotesi in cui la prestazione alberghiera o di ristorazione sia fruita da un soggetto diverso dall’effettivo committente del servizio, ai fini della detrazione è necessario che la fattura rechi anche l’intestazione di tale soggetto: ad esempio il datore di lavoro potrà detrarre l’imposta relativa alle prestazioni rese al proprio dipendente in trasferta qualora risulti cointestatario della fattura.
Da ultimo, per le prestazioni alberghiere e di ristorazione qualificabili come spese di rappresentanza, secondo le definizioni adottate ai fini delle imposte sul reddito, trova applicazione la specifica previsione di indetraibilità Iva di cui all’articolo 19-bis.1, comma 1, lett. h), D.P.R. 633/1972.
Per quanto riguarda la deducibilità del costo, con riferimento alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, l’articolo 54, comma 5, del Tuir stabilisce che “Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta.”
Considerato che la disposizione che limita al 75% la deducibilità dei costi per prestazioni alberghiere e somministrazione di alimenti e bevande assume carattere di regola generale, la stessa deve trovare applicazione anche quando detti costi, essendo sostenuti in contesti e circostanze particolari, si configurino quali spese di rappresentanza: in tal caso il costo sostenuto, deducibile entro il limite teorico del 75% deve rispettare anche l’ulteriore parametro di deducibilità, ovvero il limite dell’1% dei compensi ritratti nel periodo d’imposta.
Anche ai fini della determinazione del reddito d’impresa è prevista analoga percentuale di riduzione della deducibilità: l’articolo 109, comma 5, Tuir stabilisce infatti che “le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande, diverse da quelle di cui al comma 3 dell’articolo 95, sono deducibili nella misura del 75 per cento”.
La limitazione della deduzione al 75% opera inoltre anche in relazione alle spese che si configurano quali costi di rappresentanza, a cui in ogni caso si devono applicare anche i limiti di deducibilità di cui all’articolo 108, comma 2, Tuir ossia 1,5% dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni di euro.
Dalla limitazione al 75% restano invece escluse, per espressa previsione normativa, le spese di vitto e alloggio sostenute dal datore di lavoro per le trasferte effettuate dai dipendenti e amministratori, disciplinate dall’articolo 95, comma 3, del Tuir.
(fonte: ecnews.it)