Il reato di dichiarazione infedele può essere commesso da qualunque contribuente, anche non obbligato alla tenuta della contabilità.
Rispetto al diverso reato di dichiarazione fraudolenta si distingue per l’assenza di un “impianto” fraudolento di artifizi volti a ostacolare il potere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria.
Ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, fuori dai casi di dichiarazione fraudolenta, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:
La condotta consiste nell’indicazione in dichiarazione di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, o di elementi passivi fittizi, a prescindere dall’inserimento di detti dati nelle scritture e libri contabili.
La consumazione del reato coincide con il momento della presentazione della
dichiarazione annuale, nei modi e nei termini prescritti dalla legge e, comunque,
con ritardo non superiore a novanta giorni.
L’elemento soggettivo, caratterizzato dal dolo specifico, richiede la coscienza e volontà di indicare nelle dichiarazioni annuali dati e notizie false, al fine di evadere il pagamento dei tributi dovuti.
Pertanto, l’inserimento di dati non veritieri nella dichiarazione annuale imputabile a titolo di colpa, per un errore dovuto all’inosservanza delle regole di diligenza, prudenza e perizia, non ha alcuna rilevanza penale, comportando, soltanto, l’applicazione di sanzioni amministrative.
(Fonte: Fiscal Focus)