Ai fini civilistici del bilancio, in base all’art. 2426 comma 1, punto 8) del cod. civile, i crediti devono essere iscritti in bilancio in base al loro presumibile valore di realizzo.
Alla fine dell’esercizio il redattore del bilancio può dunque trovarsi dinanzi a tre diverse situazioni:
Se il credito è prescritto o il creditore rinuncia al credito vantato, attraverso idonea documentazione, egli può rilevare una perdita su crediti, altrimenti, in tutti gli altri casi, potrà operare solamente un accantonamento al fondo svalutazione, in quanto stima che possa esserci una possibile inesigibilità.
Lo stesso comportamento va adottato in caso di dichiarazione di fallimento del creditore: si stima quanta parte del credito è inesigibile e va accantonato un fondo svalutazione crediti. Solo col piano di riparto finale si potrà avere certezza della perdita definitiva.
Dal punto di vista fiscale sono due gli articoli indagati per valutare la deducibilità di una perdita legata a un credito:
Le perdite su crediti sono deducibili se definitive, ovvero se:
– derivanti da elementi certi e precisi;
– e in ogni caso se le perdite si riferiscono a crediti vantati nei confronti di soggetti assoggettati a procedure concorsuali.
Le perdite derivano da elementi certi e precisi se si riferiscono a crediti scaduti da oltre 6 mesi e se di modico valore (inferiore o uguale a 2.500 euro per imprese con volume d’affari o ricavi inferiori a 150 milioni di euro; o inferiore o uguale a € 5.000 per imprese con volume d’affari o ricavi superiori a 150 milioni di euro).
L’art. 33 comma 5 del c.d. Decreto Sviluppo ammette la deducibilità immediata, oltre che dei crediti di modesto valore, anche dei crediti prescritti. Se una società stralcia il credito iscritto in contabilità, appostando una Perdita su crediti a Conto Economico (voce B14)), può dedurla come ogni altro componente negativo (ai fini Ires o Irpef) ai sensi del nuovo art. 101 co.5, se dimostra che è relativa a crediti ormai prescritti.
Il momento in cui i crediti sono da ritenersi “prescritti”, inteso come periodo a partire dal quale si estingue il diritto alla riscossione, è disciplinato dagli articoli 2934 e segg. del Codice civile. Sono previsti, infatti, termini di prescrizione diversi a seconda delle diverse tipologie di credito; l’art. 2946 del c.c. prescrive un termine decennale ordinario, mentre sono contemplati termini più brevi in relazione a determinate fattispecie di rapporti.
Tali considerazioni possono essere applicate anche a soggetti non Ires, come ai soggetti Irpef e ai lavoratori autonomi, non essendoci distinzioni dal punto di vista fiscale per la deduzione di tali poste.
(Fonte: Fiscal Focus)